A Cena con gli Agrumi della Kolymbethra

Biodiversità e promozione del territorio

Dallla collaborazione con il FAI – Giardino della Kolymbethra nasce, tra gli altri, un progetto per la valorizzazione del nostro territorio e delle nostre biodiversità con gli agrumi del giardino, da oggi in carta per tutti i clienti del nostro ristorante.

Attraverso un QRcode sarà possibile visitare il sito web del bene FAI e potere scoprire le antiche varietà vegetali immerse in uno splendido paesaggio. (https://fondoambiente.it/luoghi/giardino-della-kolymbethra)

Questa cena avrà come tema proprio gli Agrumi della Kolymbethra, con un menù dedicato e preparato con le mani della nostra Mareme Cisse

Per info e prenotazioni tel. 0922596151

Intervengono Federica Salvo, Responsabile e Giuseppe Lo Pilato, agronomo paesdaggista del FAI-Giardino della Kolymbethra

In Cucina con Slow Food: La Sicilia incontra il Senegal

Il 27 febbraio l’appuntamento online per la lezione di cucina con la cuoca del ristorante Ginger-people&food di Agrigento, che fa parte dell’Alleanza Slow Food dei cuochi

«Penso a questo appuntamento da mesi!» e le crediamo, perché la voce con cui lo dice tradisce emozione e impazienza. Lei è Mareme Cisse, chef senegalese trapiantata ad Agrigento, in Sicilia, e l’appuntamento a cui fa riferimento è la lezione online di In cucina con Slow Food che la vedrà protagonista, lunedì 27 febbraio alle 18. «Sono molto, molto emozionata – racconta al telefono – perché sarà l’occasione per far vedere, attraverso i piatti, la mia Africa, per conoscere un po’ del mio Senegal».

Mareme, hai già partecipato (e vinto) anche in programmi tv, eppure sei così emozionata per una videolezione…  

È vero! Ho cucinato in televisione (nel programma “Cuochi d’Italia: campionato del mondo”, in onda su tv8, che l’ha vista trionfare, ndr) ma lì è tutto diverso: questa è una sfida, in cui in un’ora dovrò raccontare e cucinare due piatti, e soprattutto potrò presentare il mio Paese. Sono grata per l’opportunità che Slow Food mi ha dato.

Quali sono i due piatti che hai in mente?

Il primo è la yassa, uno dei piatti nazionali senegalesi, che preparerò in una versione a base di pesce. Da noi, tradizionalmente, si mangia la domenica, il giorno del riposo, quando tutti quanti si è a casa, insieme. Proporrò una ricetta rivisitata, adattata con gli ingredienti siciliani.

Che tipo di pietanza è?

Un piatto unico, molto ricco: in Senegal, come pesce, si prediligono la triglia e la cernia, mentre io lo cucino con lo sgombro, accompagnandolo con riso e spezie; tra gli ingredienti ci sono anche la senape di Dijon, le cipolle, il miele e i limoni: un omaggio a questa terra!

E l’altro piatto, invece, quale sarà?

Una zuppetta di baccalà e latte di cocco, con erbe e spezie. Un piatto profumato, gustoso, davvero buono. Entrambi sono piatti che propongo nel mio ristorante Ginger-people&food di Agrigento.

Che cosa racconti con la tua cucina?

Quello che cerco di fare è prendere qualcosa sia dal Senegal, dove sono nata, sia dall’Italia, che mi ospita da 19 anni, e mescolarlo. La mia cucina è il tentativo di avvicinare due mondi diversi ma che hanno radici comuni, di accostare sapori e ingredienti ai quali talvolta siamo poco abituati, ma soprattutto di raccontare luoghi, persone ed esperienze di vita.

Una cucina che è esempio di scambio, confronto, coesione tra popoli e cultura dell’accoglienza: quella che sarà protagonista di Nuove geografie: il Senegal incontra la Sicilia, l’appunamento onine del 27 febbraio con Mareme Cisse!

Marco Gritti, m.gritti@slowfood.it

Leggi anche: Mareme Cisse: «Non chiamatela cucina etnica, è solo un’etichetta che toglie valore al cibo»

Mareme Cisse: «Non chiamatela cucina etnica, è solo un’etichetta che toglie valore al cibo». E al lavoro delle persone

Per lei, Ginger è il quinto figlio: nato nel 2014, è «il più piccolo». Gli altri quattro, di anni, ne hanno tra i venti e i dieci. Solo che Ginger non è esattamente quello che uno si immagina quando pensa a un figlio: è un ristorante.

l nome completo è Ginger-people&food, si trova ad Agrigento, in Sicilia, fa parte dell’Alleanza Slow Food dei cuochi e ha appena ottenuto la Chiocciola, il riconoscimento più prestigioso della guida Osterie d’Italia di Slow Food. 

Tre tavoli in salotto

mareme cisse Ginger
© Fabio Florio

Lei, la mamma, si chiama Mareme Cisse. Originaria del Senegal, in Italia dal 2004, di professione fa la cuoca. “Innovativa, creativa, energica”: così viene descritta sulle pagine del sito web di Ginger-people&food. Chiacchierando con lei al telefono l’energia arriva eccome, questo è certo: «Sono gelosissima del mio ristorante – racconta –. Ci vado tutte le mattine, anche se a pranzo apriamo soltanto il sabato e la domenica: mi piace essere qua». Ama il suo lavoro, ama la cucina, ama quello che il cibo porta con sé: le vite e le storie di donne e di uomini. E sono l’energia, la caparbietà, la forza di volontà quelle che le hanno consentito di superare le difficoltà incontrate nei primi tempi in Italia, vissuti senza lavoro, senza conoscere la lingua, senza gli affetti della sua famiglia in Senegal, ma con i figli da crescere. «Dovevo lavorare e avevo una sola arma: la cucina. Ho sempre cucinato, fin dai tempi in cui, nei mesi estivi di vacanza da scuola, andavo nel ristorante delle mie zie a Dakar. Così, nel 2005, ho cominciato a cucinare a casa mia qui ad Agrigento e a servire le persone che venivano a mangiare da me, sedute in tre tavolini allestiti nel salotto».

«Il primo mese venivano soltanto senegalesi – ricorda oggi –. Poi, un giorno, è arrivato un ragazzo con due amici: tre giorni più tardi mi ha richiamato, dicendomi ‘Siamo in sette’. Presto si è sparsa la voce che c’era una donna senegalese che cucinava bene e che accoglieva gli ospiti a casa sua. Hanno cominciato ad arrivare gli agrigentini, poi anche i turisti. Mi chiamavano per compleanni, per matrimoni e anniversari, ogni volta che qualcuno aveva qualcosa da festeggiare». Nel frattempo, qualche lavoretto nei locali della zona: ma niente che le desse la giusta stabilità, nessun contratto serio.

La svolta arriva qualche anno dopo, nel 2013. «Ho ricevuto una chiamata e dall’altra parte del telefono c’erano quelli della cooperativa Al Kharub: stavano organizzando una cena di raccolta fondi e avevano pensato di rivolgersi a me». Al Kharub, che in arabo significa carrubo, pianta simbolo dell’area mediterranea, è una cooperativa sociale di Agrigento che si occupa dell’inserimento lavorativo di persone con disagio sociale e dell’integrazione sociale-multietnica di cittadini extracomunitari, migranti, profughi o rifugiati. La cena diventa più di una cena: è l’occasione per conoscersi reciprocamente. Da quell’incontro nasce l’idea di aprirsi al pubblico. Prima, nel 2014, come locale per l’asporto; due anni più tardi, sulla scia anche dei tanti clienti che chiedevano di potersi sedere a mangiare i piatti di Mareme Cisse, come un vero e proprio ristorante. «Alla cooperativa devo tanto e li ringrazio ogni giorno – spiega la cuoca – perché mi ha dato una mano e, soprattutto, un futuro».

Cucina etnica proprio no

Al ristorante Ginger-people&food si mangiano piatti siculo-senegalesi. Che cosa significa? Che, attraverso i piatti, Mareme cerca di far riscoprire le comuni origini delle due tradizioni culinarie. Anche mescolandole e rivisitandone le ricette, se necessario. «La mia cucina utilizza soprattutto prodotti del territorio e i Presìdi Slow Food» spiega. Ed è verissimo: il pomodoro buttiglieddru di Licata, il fagiolo cosaruciaru di Scicli, il caciocavallo di razza modicana, l’aglio rosso di Nubia, la fava cottoia di Modica, per esempio. Ingredienti locali inseriti in una visione culinaria globale nelle ricette, nei sapori, nelle rielaborazioni.

mareme cisse Ginger
© Fabio Florio

Nel menù, il cous cous la fa da padrone – nel 2019 la chef ha vinto il campionato mondiale di San Vito e lei, in carta, ne propone tre versioni (di carne, di pesce, vegetariano) – «ma la mia cucina non è solo questo» puntualizza lei. I suoi piatti cambiano ogni mese – «ci sono clienti che aspettano solo quel momento!» racconta con un pizzico di orgoglio – ma non mancano mai riso, legumi e ingredienti come la manioca e il miglio, che «alcune persone non hanno mai mangiato e che assaggiano da me per la prima volta». E poi la citronella, le alghe, bevande come il tamarindo… insomma, una cucina che riprende i piatti isolani accostandoli a sapori ai quali non siamo abituati. 

Ma non chiamatela cucina etnica! «Il cibo etnico, per come lo vedo io, non esiste: è un’etichetta, niente più. Molti lo associano a un sapore piccante, pensano che significhi mangiare tanto e che quello che c’è nel piatto non ha valore». Per lei, invece, il cibo ha un gran valore: «Chi entra nel mio ristorante è come se salisse sul treno della mia vita – racconta Mareme Cisse –. Sono cresciuta in una famiglia numerosa: quando ci sediamo a tavola parliamo, ci apriamo, ascoltiamo e capiamo i problemi altrui. Mangiare significa prendersi il tempo da dedicare ai nostri commensali». Anche cucinare per gli altri ha lo stesso significato, e i risultati lo dimostrano: «Abbiamo prenotazioni per aprile, anche da clienti che arrivano dall’America – conclude –. Ed è bello che il mio lavoro venga apprezzato anche qua, lontano dal Senegal dove sono nata. Bello perché tre dei miei figli sono nati in Italia e io stessa, oramai, mi sento e definisco siciliana».

Marco Gritti, m.gritti@slowfood.it

www.fondazioneslowfood.com

Chiocciola di Osterie d’Italia 2023 a Ginger-people&food nella prestigiosa guida di Slow Food editore

É arrivata la Chiocciola di Osterie d’Italia…. inaspettata, in un momento per noi molto duro. Tanti sacrifici, tanti errori, tante cadute, ma anche tante soddisfazioni, tantissimo ancora da fare e da migliorare in un territorio difficile e poco aperto ai cambiamenti. Un riconoscimento per un duro lavoro ( non sempre compreso) di rigenerazione umana in una città di frontiera come la nostra.

L’ Accoglienza per il cliente é la parola chiave. E oggi, con questa Chiocciola, possiamo dire che Slow Food ha riconosciuto la ricchezza del processo di meticciato della gastronomia siciliana che non si é mai fermato

Grazie Slow Food Italia e Slow Food Editore per credere in noi, nella nostra proposta gastronomica che guarda al futuro con i piedi ben piantati nel nostro territorio e nelle nostre tradizioni multiculturali.

Ginger con Mareme Cisse a Terra Madre Salone del Gusto 2022

Ci piace condividere con voi la grande emozione che ci accompagna nel partecipare a Terra Madre – Salone del Gusto 2022, a Torino, proprio li dove tutto è iniziato, dove é stato concepito il progetto di Ginger – people&food La nostra Mareme Cisse, infatti, farà parte dei cuochi dell’ Alleanza dei cuochi Slow Food Sicilia che animeranno la cucina dello Stand di SlowFood Sicilia, cui va la nostra gratitudine per la fiducia accordataci.Saremo presenti anche con la nostra Comunità Slow Food Zagara الزهر Agrigento insieme alla quale daremo il nostro contributo per la condivisione di un cibo buono, pulito e giusto per tuttiInfine con Al Kharub coop. sociale presenteremo il progetto Youth&Food insieme a tutti i partner di Torino ed Agrigento Dal 22 al 26 settembre vi aspettiamo a Torino!

Ginger dice addio alle bevande gasate industriali

Da tempo questa era la linea aziendale. Ma troppi bambini ne facevano richiesta e, seppur a malincuore, queste bevande venivano servite.

Adesso la decisione è drastica e irrevocabile. Per tutelare la salute dei nostri clienti ed educare i bambini ad una corretta alimentazione abbiamo deciso di bandire tutte le bevande industriali gasate.

In alternativa proporremo le nostre bevande tradizionali come il Ginger (zenzero, limone e ananas), il Bissap (a base di ibisco rosso, ananas e menta) o altri succhi di frutta confezionati

Con questo vogliamo dare il nostro contributo alla promozione del cibo buono, pulito e giusto nel nostro ristorante

Alleanza con la ristorazione per rilanciare il carciofo spinoso di Menfi

La strategia messa in campo dall’associazione di imprenditori per un prodotto che è presidio Slow Food da dieci anni. Allo studio un distretto regionale

Un’alleanza tra produttori e ristoratori per valorizzare e rilanciare il carciofo spinoso di Menfi, presidio Slow Food e risorsa dell’agricoltura locale cui ora si prova a dare nuova spinta produttiva. Un rilancio che vede impegnati gli imprenditori dell’associazione dei produttori di Spinoso che aderiscono al disciplinare di Slow Food e che puntano molto sulla filiera della ristorazione di media e alta gamma, oltre al consumo quotidiano domestico, come sbocco commerciale. «Si tratta di agricoltori eroici – dice Fabio Di Francesco, di Slow Food Sicilia – perché hanno mantenuto una biodiversità importante presidiano un intero territorio che vuol dire presidiare anche una struttura sociale, economica e di tradizioni. E tanti giovani siciliani devono trovare un’opportunità».

«Il distretto della coltivazione a Menfi del carciofo può oggi contare su oltre 400 ettari a stagione impiegati, di cui una quota (crescente) in biologico – dice Calogero Romano Responsabile del Gruppo dei Produttori dello Spinoso di Menfi – . Le varietà sono differenziate tra quelle a carattere primaziale autunnali che quelle tardive. Le varietà impiantate sono una decina, di cui tre in grandissima parte: violetto e Tema 2000 (inermi) e lo Spinoso di Menfi. Gli ettari di Spinoso certificati sono una decina ma stanno crescendo, grazie ad alcuni accordi con la ristorazione e gruppi di acquisto diretto. Tra i clienti anche Natura Sì. La capacità produttiva di una carciofaia di Spinoso produce in media, nelle migliori stagioni, anche meno della metà delle varietà più produttive. L’epoca di raccolta inizia nell’ultima decade di novembre per concludersi al massimo entro la prima decade di maggio, nelle primavere più piovose».

Il carciofo spinoso può contare su circa 15.000/20.000 capolini per ettaro con una produzione annua di poco più di 200.000 capolini per l’intera produzione commerciabile e trasformabile. Il prezzo medio di un capolino di Spinoso di Menfi per remunerare la produzione non può scendere sotto i 50 e i 60 centesimi ad unità. alcuni produttori lo confezionano in cassette di legno con 25 capolini dichiarando il presidio nel confezionamento anche cellofanato.

Oggi una decina di ristoratori ha inserito stabilmente il carciofo di Menfi nei loro menu: un iniziativa che può senza dubbio dare un sostegno a questo prodotto per il momento veramente di nicchia. Anche se la strategia avviata prevede la creazione di un vero e proprio “distretto” agricolo regionale con l’alleanza con altri territori: da Cerda nel palermitano a Niscemi in provincia di Caltanissetta.Riproduzione riservata

Nino Amadore

https://www.ilsole24ore.com/art/alleanza-la-ristorazione-rilanciare-carciofo-spinoso-di-menfi-AEbz2FYB?refresh_ce=1

Youth&Food: con Slow Food inclusione e interazione attaverso il cibo per 60 minori stranieri ad Agrigento e Torino

Vengono dal Benin e dal Mali, dal Pakistan, dal Senegal e dal Maghreb, hanno tra i 17 e i 19 anni, il bagaglio pesante di chi ne ha già viste tante e la luce di chi comunque ancora crede di avere una chance di realizzare il proprio sogno attraverso il cibo, imparando un mestiere, inserendosi in una nuova comunità, raccontando una storia, la propria, a chi vorrà ascoltarla. 

Sono i primi 30 giovani, ragazze e ragazzi, che partecipano al percorso di inclusione sociale, lavorativa e abitativa previsto dal progetto Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Messo a punto da Slow Food, il progetto si svolge nell’arco di tre anni e coinvolgerà in tutto 60 minori stranieri non accompagnati nelle città di Agrigento e Torino, grazie alla collaborazione con Al Kharub cooperativa sociale, Sanitaria Delfino Società Cooperativa Sociale, Coop.Meeting Service Catering, Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (AMMI), Comune di Torino, Servizio VIII – Centro per l’Impiego di Agrigento, C.P.I.A. di Agrigento.

In questi giorni in cui il nostro sguardo è rivolto al vicino Est, l’avvio delle attività del progetto ci riporta a una realtà che da anni passa sotto i nostri occhi ormai quasi inosservata, quella dei minori che arrivano in Italia non accompagnati, che stando ai dati del 31 dicembre 2021 della Direzione Generale dell’Immigrazione del ministero del Lavoro, sono 12.284, il 73,5% in più rispetto all’anno precedente. 

Il progetto Youth & Food si divide in più fasi che prevedono un modulo di formazione – dai corsi di italiano alle nozioni sui diritti dei lavoratori, dall’apicoltura alla cucina internazionale – un periodo di stage, la creazione di start up in ambito agricolo e gastronomico e l’indipendenza abitativa.

Le api, l’innesto e i diritti dei lavoratori per contrastare il caporalato ad Agrigento

Ad Agrigento i ragazzi sono 15 e arrivano principalmente dal Benin e dal Mali: «Alcuni hanno già una competenza acquisita nel loro paese, come Rachid che in Benin faceva l’apicoltore e che probabilmente sarà uno dei primi a trovare uno sbocco lavorativo. Nel gruppo c’è anche un ragazzo che presenta disturbi del comportamento a causa dei forti traumi che ha subito in Libia» racconta Carmelo Roccaro della cooperativa Al Kharub che segue Youth & Food ad Agrigento.

I giovani studenti sono molto curiosi, chiedono soprattutto quali prospettive lavorative li aspettano. «Stiamo approfittando di questi giorni di Ramadan per far affiatare il gruppo e fargli conoscere la città e il paesaggio intorno: i ragazzi parlano inglese, francese o arabo e per fortuna il nostro mediatore tunisino conosce tutte e tre le lingue. C’è anche un ragazzo del Bangladesh che non parla nessuna delle tre lingue, e quindi lo seguiamo in maniera particolare. Partiremo a maggio con il corso di cucina, poi attiveremo anche due moduli di apicoltura, per imparare a gestire le api e fare il miele ma anche per costruire i telaini e riparare le arnie. Un’altra competenza molto richiesta in agricoltura è quella della potatura e dell’innesto: su questo lavoreremo molto».

I ragazzi si presenteranno nelle aziende agricole per i tirocini e l’inserimento lavorativo con una competenza che potranno spendere nel proprio curriculum e saranno accompagnati dagli operatori impegnati nel progetto: «Nel nostro percorso cercheremo di trasmettere alcune nozioni di diritto dei lavoratori affinché i ragazzi possano riconoscere e tenersi alla larga dai pericoli dello sfruttamento e del caporalato e vivere sempre liberamente il proprio lavoro e la propria vita» continua Carmelo.

La scuola per mediatori gastronomici di Torino e le ricette del cuore per imparare l’Italiano

A Torino, dove sono stati selezionati 16 ragazzi, perlopiù provenienti da Pakistan, Senegal e Maghreb, e una ragazza dalla Somalia, il progetto è partito da poco: «Abbiamo messo in piedi una vera e propria scuola per mediatori gastronomici. A ogni ragazzo abbiamo chiesto una ricetta del cuore. A partire da queste abbiamo lavorato sull’Italiano: come si scrive una ricetta, quali verbi usare, le unità di misura… Abbiamo coinvolto un cuoco di ciascun Paese che ha preparato i piatti indicati dai giovani e ha insegnato loro a replicarli. È stato un momento molto particolare perché la maggior parte non mangiava il proprio piatto del cuore da quando ha lasciato il paese d’origine» racconta Stefano Di Polito che con la Cooperativa Meeting Service, che ha seguito le fasi di avvio del progetto nelle cucine attrezzate per la formazione professionale delle Fonderie Ozanam di Torino.

Un vero e proprio corso di cucina internazionale che nasce dall’orgoglio della propria provenienza e dalle emozioni che un cibo può suscitare. E così i ragazzi senegalesi hanno riassaggiato e imparato a cucinare il thiebou dien i pakistani hanno richiesto il biryani, mentre i maghrebini hanno raccontato le varianti del couscous. «Non appena finirà il Ramadan ricominceremo con i corsi di cucina internazionale e italiana, accanto alle più classiche lezioni di panetteria e pasticceria, propedeutiche a trovare un tirocinio. I tutor sono selezionati tra giovani nati e cresciuti in Italia ma dello stesso paese di origine dei ragazzi, che è anche un bel modo di far vivere la Torino multietnica. E poi, una sorpresa per chi vorrà seguirci: stiamo pensando a eventi gastronomici e servizi innovativi, in cui i protagonisti sono gli stessi ragazzi, per garantire la sostenibilità economica delle attività». 

«Il nostro obiettivo è garantire un cibo buono, pulito e giusto per tutti, dove il nostro “per tutti” comprende anche i più fragili, come i cittadini migranti e i minori in particolare. Sono gli ultimi: vittime della bugia della crescita infinita, che nutre ingiustizia sociale, iniquità ed esclusione. Attraverso questo progetto vogliamo delineare una narrazione di aggregazione, riscatto, dignità, a partire da un soggetto potente: il cibo» dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.

«Per rendere sostenibile l’inclusione sociale è fondamentale assicurare l’inserimento lavorativo attraverso i tirocini e la nascita di start up grazie alle quali i ragazzi collaboreranno con le realtà del territorio e metteranno alla prova la propria creatività» sottolinea Abderrahmane Amajou, coordinatore della Rete Migranti di Slow Food e referente di Youth & Food. «Si tratta di ragazzi giovanissimi a cui manca l’affetto dei familiari. Ci auguriamo che, proprio grazie alle relazioni che i ragazzi stabiliranno, possano trovare una nuova famiglia sociale che li accolga e li faccia sentire parte di una comunità».

Il progetto è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il Fondo nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo, a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD. www.conibambini.org.